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Ritoccare il selfie con un filtro bellezza e andare dal chirurgo plastico: l’uso distorto dell’intelligenza artificiale

Il risultato dell’intervento non potrà mai essere uguale a quello della foto modificata dal paziente con un filtro bellezza: intelligenza artificiale e ritocchi fai-da-te, immagini frutto di elaborazioni digitali, spesso poco realistiche, con cui oggi alcuni si recano dal chirurgo plastico, e il motivo è semplice (quanto inquietante), vogliono diventare come quella foto. Ma la chirurgia non è una APP.

Prima c’era la foto delle celeb, oggi c’è la propria foto, ritoccata. L’intelligenza artificiale potrà anche facilitare molti aspetti della nostra vita, ma il paziente non è un avatar.

Un profilo social e le sue due anime, quella che gli appartiene da sempre, vera, originale, reale, e quella del terzo millennio, esibita, perfetta, ritoccata. Estetica virtuale e Instagerls (ma anche Instaboys): scatto della “migliore versione di sé”, abito cool, make up da urlo, accessorio griffato e foto modificata per abbellire l’aspetto del viso e rimodellare il corpo. YouCam Perfect (il nome è già tutto un programma), YouCam Makeup, Facetune, FaceUP, Perfect me, Beauty Plus, Pretty Up, Peachy, Everlook, BodyApp… e chi più ne ha più ne metta. Fin qui tutto lecito. Ma un conto è personalizzare, migliorare, ottimizzare un selfie e rimuovere difetti e imperfezioni, un altro è desiderare che ciò avvenga anche nella vita reale. L’uso distorto dei filtri e dell’AI oggi contamina anche la chirurgia plastica, ricostruttive ed estetica. Ne parliamo con la dottoressa Maria Stella Tarico, chirurgo plastico specialista.

“C’è un nuovo trend dovuto ad un uso distorto dell’intelligenza artificiale: alcuni pazienti arrivano dal chirurgo plastico con una foto elaborata dai filtri e chiedono di diventare come quella foto. Ma oggettivamente molti di quei risultati sono impossibili da ottenere. E poi ogni atto chirurgico deve rispettare e valorizzare i tratti individuali, senza esagerare e senza stravolgere l’aspetto del paziente. La bellezza non è la ricerca di una perfezione standardizzata, ma piuttosto l’espressione più naturale e armoniosa di sé stessi. Nel corso della prima visita il dialogo col paziente è una fase fondamentale, per analizzare il punto di partenza e capire se i risultati sperati sono realistici, se l’insoddisfazione legata al proprio aspetto è “sana” o è patologica, se l’approccio alla chirurgia estetica è corretto”.

Può l’AI essere considerata un valido strumento in chirurgia plastica?

“Se usato dal chirurgo sì. È uno strumento potente, capace di fare calcoli, di individuare dettagli molto piccoli. Consente un controllo dell’immagine scientifico, fornisce misurazioni volumetriche precise e può diventare un valido strumento di progettazione. Con la simulazione in 3D di una Mastoplastica Additiva, ad esempio, possiamo procedere con una valutazione oggettiva del fisico della paziente e con la scelta del giusto impianto mammario, nella forma e nel volume, rispettando l’armonia delle proporzioni. Ma bisogna essere realistici: L’AI è uno strumento del chirurgo, non un sostituto, può fare molte cose, ma il vantaggio del nostro cervello resta la plasticità. Certo l’APP considera le caratteristiche individuali come la struttura ossea o il tono della pelle, per garantire che le simulazioni siano il più realistiche possibile. Ma non può garantire risultati al 100% reali a causa dell’unicità e della complessità dei tessuti umani. Nel corso di un intervento il chirurgo si trova di fronte a molte variabili, adegua e modifica le tecniche passo dopo passo. L’AI trangugia tetrabyte di dati ed è fondamentalmente costituita da programmi informatici basati sulle probabilità, il chirurgo prende decisioni”.

Tetrabyte e tetrabyte di dati danno vita a una nuova bellezza, l’estetica virtuale: rimodellano la forma del viso, scolpiscono il mento, gli zigomi, la mascella e la fronte, coprono macchie e occhiaie, levigano la pelle, eliminano i rossori e ridisegnano le labbra con un paio di “tocchi”. Ma la vera bellezza non risponde a canoni precisi, e a volte risulta sorprendente quando esibisce lievi imperfezioni o piccoli difetti, che possono rappresentare un punto di forza ed esprimere la nostra unicità. Il futuro della chirurgia estetica resta quindi nelle mani del chirurgo. La chirurgia non è un’APP. E nemmeno un gioco. E il paziente non è un avatar.